Attilio non aveva praticato lo sport del rugby, l’aveva comunque vissuto all’ombra dei “Tre Pini” a Padova quando quella squadra, il Petrarca, dominava i campionati e quel campo per tutti era una condanna. La passione in Attilio si plasmò secondo lo spirito petrarchino e tutto in Castelfranco apparteneva a quello spirito, il brodo nelle trasferte, il the messo volontariamente a disposizione dall’Attilio in quel di Trieste (era il 1984) e così via. Dimenticavo, per Attilio il Rugby era ed è valore assoluto; i rugbisti devono essere prima di tutto uomini. Attilio come allenatore durò poco tempo, perchè in una di quelle assemblee,al bar Centrale di Salvarosa, venne deliberato il salto di qualità, l’allenatore doveva essere una persona importante, dal forte carisma e così fu. L’anno del primo campionato, 1983-1984, vide al timone uno di quei rugbisti che costruirono la storia italiana, Ciano Luise, giocatore, trequarticentro, in Padova e Treviso per l’esperienza a 13, azzurro quando gli incontri internazionali erano pochi negli anni cinquanta e primi sessanta, grande e positiva esperienza decennale in quel di Mirano come allenatore e alla fine a Castelfranco. Il Ciano era quello dei passi incrociati, dei passi doppi, dell’arresto in velocità e….del “si, sii, gioca” ma Ciano ho una botta e lui ancora “si, sii, gioca”. Credo un padre per tanti e forse anche qualcosa di più, almeno per me; un ottimo forno da sfamare, anche se l’età non era più verde (il ricordo più bello i folpi di Gianni “el pesaro” e la pancetta di Gigi Crosetta). E il tempo passò, Ciano alla fine di quell’anno passò la mano ad un altro petrarchino, Gerardo, che guidò la squadra per alcuni mesi nel 1984, certo nemmeno lui poteva fare molto, eravamo quattro brocchi e nemmeno la bacchetta magica della fata avrebbe avuto ragione. Dopo Gerardo, alla fine del 1984, fu nelle mani di quello che aveva solo un pò di esperienza in più, anche lui non castellano